Nell'Aprile del 1926 Antonio Gramsci (1891-1937) è alla Capanna Mara per la riunione del comitato centrale clandestino del Partito Comunista. Accompagnate dalle musiche di un organetto diatonico, alcune letture ne ricordano la figura. Al buio sulla strada del ritorno vedo delle dimenticate lucciole...
Gramsci è uno del sud. Viene dall'arretrata periferia italiana, da una Sardegna ancora semi coloniale, in condizioni di estrema oppressione. In uno dei Quaderni parla della propria esperienza come quella di un «triplice o quadruplice provinciale»
«Chi
parla solo il dialetto o comprende la lingua nazionale in gradi diversi,
partecipa necessariamente di un’intuizione del mondo più o meno ristretta e
provinciale, fossilizzata, anacronistica in confronto delle grandi correnti di
pensiero che dominano la storia mondiale. I suoi interessi saranno ristretti,
più o meno corporativi o economistici, non universali»... «Se non sempre è
possibile imparare più lingue straniere per mettersi a contatto con vite
culturali diverse, occorre almeno imparare bene la lingua nazionale. Una grande
cultura può tradursi nella lingua di un’altra grande cultura, cioè una grande
lingua nazionale, storicamente ricca e complessa, può tradurre qualsiasi altra
grande cultura, cioè essere un’espressione mondiale. Un dialetto non può fare
la stessa cosa» [quaderno 11, § 12, 1377].
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